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Al Torino Film Festival l’offerta è ampia bisogna saper scegliere

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22-11-2016- 18:42 – Al Torino Film  Festival l’offerta è ampia bisogna saper scegliere.

E’ iniziata venerdì 18 la trentaquattresima edizione del Torino Film Festival, diretto anche quest’anno da Manuela Martini e con una firma prestigiosa come guest director, quella di Gabriele Salvatores. E’ un’edizione, come del resto già avvenuto anche altre volte, molto legata alla musica: la locandina rende omaggio a David Bowie, proprio nell’anno in cui il “Duca Bianco” ci ha lasciati. Al quarantennale della nascita del punk (che, in effetti, nel 1976 ha avuto i suoi albori, pur raggiungendo una definitiva affermazione l’anno successivo) è poi dedicata un’interessante rassegna retrospettiva.

Sul fronte organizzativo, invece, un’importante novità rispetto all’edizione 2015 è quella del ripristino della terza multisala: oltre al Massimo e al Reposi, infatti, ritorna anche il Lux in via Po’, che già tante volte aveva ospitato le pellicole del festival. Con la possibilità per il pubblico di trovare i biglietti un po’ più facilmente, anche se anche quest’anno – soprattutto sabato e domenica – tante erano le proiezioni sold out e, infatti, i dati ufficiali parlano – per quanto riguarda il primo weekend di proiezioni – di un incremento del 4% del numero di spettatori rispetto all’edizione dell’anno precedente.

Venendo alle pellicole passate in sala, l’apertura è stata quella di Between Us  di Rafael Palacio Illingworth, commedia drammatica indipendente. A Los Angeles una coppia “scoppia” proprio dopo aver sottoscritto gli accordi matrimoniali. Ben interpretato da Olivia Thirlby (la protagonista di Juno) e da Ben Feldman (protagonista della serie televisiva statunitense Mad Men) è apparso, però, un tantino scontato e privo di mordente. Si fa guardare, ma non lascia granchè. Peccato, magari la scelta del film di apertura poteva essere differente,

Il TFF, però, si rifà con l’anteprima nazionale di Sully la nuova pellicola di Clint Easwood, che, ancora una volta, non sbaglia un colpo. Il film è il fedele resoconto del pazzesco “ammaraggio” del volo di linea 1549 della US Airways nel fiume Hudson, in pieno centro di New York, che, per merito del pilota Chesley “Sully” Sullemberg, ha comportato il salvataggio di tutti i 155 passeggeri a bordo. Ma è anche la storia dell’insensata inchiesta che ne è conseguita conclusasi, per fortuna, con l’archiviazione delle accuse di aver messo in pericolo la vita dei passeggeri nei confronti di chi, invece, aveva salvato loro la vita. Toccante, realistico, spettacolare e con un Tom Hanks in stato di grazia, è l’ennesimo capolavoro del buon vecchio Clint, forse l’ultimo grande rappresentante del cinema classico americano.

Torna, poi, al Festival il regista di culto giapponese Sion Sono (qualche anno fa presente con una monografia e l’anno scorso con ben tre film) con Antiporno, una storia surreale, ambientata tutta in interni, delle riprese di un film sulla più grande pornostar del pianeta. Spiazzante, ma stavolta fin troppo destrutturato, il film finisce per sembrare eccessivamente naif e un po’ fine a  se stesso. Come al solito, però, bellissima la fotografia.

Restando in estremo oriente, più convincente è la pellicola sudcoreana Goksun The Wailing, di Hong-Jin Na. Inizia come un poliziesco e si trasforma in un horror teso ed inquietante: in un paese nelle montagne della Corea del Sud una serie di omicidi e di atti di esasperata violenza sembrano legati all’arrivo di un anziano giapponese. Pure il poliziotto che indaga su questi fatti, quando anche la figlia di dieci anni inizia ad avere una misteriosa infezione cutanea e a comportarsi ancor più stranamente, decide di ricorrere ai riti di uno sciamano. Ma nulla è come sembra. Oppure si? Anche se non originalissimo (del resto il genere è oramai stato saccheggiato in lungo e in largo) è ben diretto e ha il pregio di tenere lo spettatore incollato alla sedia, nonostante la durata superiore alle due ore e mezza.

Ottimo anche il ritorno alla regia di Paul Verhoeven (per lui titoli come Robocop, Basic Instinct, Showgirls, Atto di Forza), dopo 10 anni di quasi totale silenzio artistico, con Elle. La storia è quella di una donna di mezza età, interpretata da una superba Isabelle Huppert, divisa tra delicate vicissitudine familiari (un figlio un po’ tontolone e una madre “vivieur”), personali (un passato difficile come figlia di un serial killer, uno sconosciuto che la violenta e una relazione con il marito della sua miglior amica) e imprenditoriali (è la proprietaria di una ditta di videogiochi, invisa però a molti dei suoi dipendenti). Alla fine però tutto finisce per avere un senso. Molto edonismo un po’ anni 80/90 (echi di De Palma e Ridley Scott), ma una storia che comunque avvince.

Decisamente più originale, a tratti geniale e debordante è invece la pellicola angloamericana  Absoluty Famous: The Movie di Mandire Fletcher. A Londra due procuratrici/PR (le bravissime Jennifer Saunders e Joanna Lumley) in declino, fisico e professionale, cercano di tenersi a galla nel mondo della moda. Una in particolare spera di mettere sotto contratto nientedimeno che Kate Moss, che invece finisce per spingere nelle acque del Tamigi durante un party. Inizia così una esilarante serie di gag delle due che, in fuga, finiscono per mettere a  soqquadro mezza Costa Azzurra, dove cercano rifugio e fortuna. Ironico e surreale, ma è anche un cinico attacco all’edonismo fine a se stesso del mondo della moda e di tutto quello che gli gira intorno. Un mondo in cui, in fondo, Kate Moss – per la sua vita esplicitamente sregolata e “fuori dalle righe” – è un po’ una mosca bianca e sarà per questo che è una delle poche che risulta simpatica. Cameo anche per Jean Paul Gaultier. Da vedere assolutamente (presto sarà distribuito anche nelle sale italiane).

A proposito di pellicole sopra le righe, ma originali e divertenti come non citare Rock’n Roll High School, del 1979 e diretto da Allan Arkush, presente nella rassegna dedicata al punk. In un liceo americano, mentre i Ramones – adorati da tutti (o quasi) gli studenti- stanno per fare un concerto in città, arriva una preside ultraconservatrice e dai metodi da ufficiale della Gestapo. Ovviamente, il rock’n roll avrà la meglio (i Ramones compaiono e suonano veramente nel film) e gli studenti, tra una gag e l’altra, daranno fuoco alla scuola. Della serie “Punk is not dead”.

Completamente diverso è Sui marciapiedi (Where the Sidewalk Ends) del 1950 diretto da Otto Preminger con Dana Andrews, Gene Tierney e Gary Merrill. Teso noir metropolitano in versione interamente restaurata. Un classico di un maestro del genere, bellissimo. Un poliziotto dai metodi violenti indaga su un gangster, ma – per errore – uccide un potenziale testimone, salvo poi innamorarsi della ex moglie di costui. Finale agrodolce ma perfetto.

Tra i classici, poi, come non citare La Maschera Del Demonio, di Mario Bava, il vero maestro dell’horror italiano, anni prima di Dario Argento. Una strega arsa viva secoli prima viene riportata in vita per caso e cercherà di entrare nel corpo di una discendente che gli assomiglia come una goccia d’acqua. Considerato da molti il capostipite ed il capolavoro allo stesso tempo del gotico italiano, la pellicola può contare, oltre ad una regia sontuosa, su una fotografia  stupenda, esaltata da un bianco e nero mozzafiato, e su una Barbara Steele in stato di grazia. C’è ne fossero.

Chiudiamo con un’altra pellicola italiana, ma stavolta è una novità: Slam – Tutto Per Una Ragazza di Andrea Molaioli, alla terza regia dopo gli ottimi La Ragazza Del Lago e Il Gioiellino. Tratto da un romanzo dello scrittore inglese Nick Horby, è un film completamente diverso dai suoi lavori precedenti. Si tratta, infatti, di una commedia agrodolce sulla complessità delle dinamiche familiari e sociali e di come le stesse si presentino agli occhi di una adolescente, costretto dagli eventi a crescere in fretta. Un sedicenne appassionato di skateboard, figlio di una ragazza madre (Jasmine Trinca), finisce a sua volta per diventare padre precoce. Ben diretto e ottimamente interpretato, si fa apprezzare anche per alcune trovate originali rispetto a molte pellicole del genere (in particolare, i sogni premonitori che proiettano, ogni volta, il protagonista in un futuro che, puntualmente, si avvera).

Insomma, anche quest’anno, da questi primi giorni di proiezioni, c’è n’è per tutti gusti: dalle novità ai classici, dai film divertenti a quelli drammatici, dai lavori di registi affermati quelli di nomi nuovi e prodotti “underground”. Il nostro consiglio, quindi, è di scegliere per bene, secondo gusti ed interessi, e di recarsi subito in sala.

Vit.Des.

 

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