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Il Tff si conclude dopo aver offerto un’ ampia selezione di film di grande interesse

A white, white day

A white, white day

Terzo ed ultimo reportage dal Torino Film Festival. Iniziamo da un film italiano fuori concorso,

Lontano Lontano di Gianni De Gregorio, interpretato dallo stesso Di Gregorio, Giorgio Colangeli e,
per l’ultima volta sul grande schermo, dal compianto Ennio Fantastichini.
Tre pensionati romani, un po’ delusi dalle loro vite, sognano di trasferirsi alle Azzorre, ovviamente finiranno per non andare da nessuna parte perché incapaci di rinunciare alle proprie abitudini e certezze. Film sulle illusioni e sulle disillusioni, si ride, anche se a volte amaro. Consigliato a tutti non appena sarà in sala.
Fuori concorso anche la pellicola italiana Un Confine Incerto per la regia di Isabella Sandri.
Un’ispettrice della Polizia Postale di origine rumena (interpretata da Colimina Stratan, palma d’oro a Cannes per “Oltre Le Colline”), che però parla il ladino perché il padre è altoatesino, indaga sul traffico di materiale pedopornografico in rete. Non sempre è facile ed ha bisogno di un’assistenza
psicologica (la psicologa è interpretata da una sempre brava Valeria Golino). Si imbatte nelle
immagini di una bambina (Anna Malfatti), detta “Sputo”, sparita dalla Val Gardena qualche anno
prima e che adesso gira in camper per l’Europa con uno “svitato” (Moisè Curia), chiamato Richi,
che per lei nutre un misto di sentimenti amorosi e paterni, ma che non esita a sfruttarla per
venderne immagini e filmati in pose maliziose a persone senza scrupoli per sbarcare il lunario.
Finirà per consegnarla (salvo, poi, pentirsene), dietro compenso, ad una rete di pericolosi autori di
filmati pedopornografici per non essere identificato dagli inquirenti che oramai gli stanno con il
fiato sul collo. Fortunatamente l’ispettrice interverrà prima che sia troppo tardi. Film teso e
disturbante, tratta temi difficili in modo indubbiamente molto riuscito. Bella anche la cupissima
colonna sonora elettronica. Il confine incerto a cui fa riferimento il titolo potrebbe essere quello tra
gli stati ove si svolge l’azione (in particolare, quella terra di mezzo che è l’Alto Adige) oppure quel
sentimento in parte malato e morboso, in parte paterno ed affettuoso dell’uomo per la bambina.
Sempre fuori concorso, ma di tutt’altro genere l’horror inglese The Lodge di Severin Fiale Veronika
Fran. Due ragazzi che hanno da poco perso la madre, si recano in una baita di montagna per
passare il Natale con il padre e la sua nuova fidanzata. Il genitore però si deve allontanare per
alcuni giorni e da quel momento la vacanza diventerà un incubo. Tra morti apparenti, paure vere
ed attimi di completa follia. Il film fa effettivamente paura, anche se alcune trovate sono un po’
scontate e numerosi sono i clichè del genere. Merita comunque una sufficienza abbondante.
In concorso, invece, A White, White Day di Hylmur Palmason, pellicola islandese/danese/svedese.
In una parte remota dell’Islanda un poliziotto non più giovane perde la moglie a seguito di un
incidente stradale causato da lui stesso che aveva perso il controllo dell’auto. Afflitto dal senso di
colpa, inizierà però ad indagare sull’infedeltà della donna, finendo per rischiare di perdere il lume
della ragione ed assumere comportamenti estremamente violenti. Fortunatamente c’è l’amore per
la nipote che lo tiene a galla. Il cinema islandese, si sa, va di moda, ma questa pellicola si distingue
per un originale interpretazione del noir, con un taglio secco e quasi documentaristico e la
splendida interpretazione del protagonista Ingvar Sigurdsson e per la bellissima l’ambientazione,
per lo più nella brughiera, che si fa apprezzare soprattutto dagli amanti dei paesi nordici.
Della rassegna Si Può Fare, dedicata al genere horror, abbiamo vistoDr Jekill And Sister Hyde
del 1971, per la regia di Roy Ward Bake. La storia, tratta da un romanzo di Stevenson del 1886 che ha
ispirato circa 50 versioni cinematografiche (della rassegna faceva parte anche quella del 1941 di
Vicytor Fleming con Spencer Tracy, Dr Jekill And Mr. Hyde , per l’appunto), della metamorfosi da
scienziato che cerca il bene e che, invece, finisce per materializzare il male, la conosciamo tutti. In
questa sontuosa produzione britannica, lo scienziato si inietta ormoni femminili e finisce per
diventare una donna assetata di sangue ed uccidere prostitute nei vicoli di Londra. Una variante
sulla bisessualità che mescola la storia di Dottor Jekill con quella di Jack Lo Squartatore. Molto
bello.
​Ci è piaciuto meno, a dir la verità, il film giapponese Onibaba
di Kaneto Shindo del 1964, pur pellicola di culto. Nel Giappone medievale due donne (madre e moglie di un giovane deceduto al fronte), annidiate nei campi di miscanthus (una graminacea alta due metri) sopravvivono agli stenti della guerra soldati che scappano dalla guerra e rivendendo i beni loro sottratti. Arriverà però un soldato che diventerà l’amante della più giovane spingono la più vecchia alla vendetta indossando la maschera di un demone. Sinistro e molto teso a volte però finisce per essere ripetitivo e per questo un po’ noioso.
Tra i film dell’epoca d’oro dell’horror italiano (anni ’60 e 70) abbiamo visto L’Orribile Segreto Del
Dottor Hitchcock di Riccardo Freda con Barbara Steele (a lei è dedicata la locandina del Festival di
quest’anno) del 1962. Un gioiello! Un dottore necrofilo causa, involontariamente, la morte della
prima moglie iniettandole un siero che doveva indurne solo la morte apparente, in modo di
consentirgli di soddisfare i suoi appetiti sessuali. Anni dopo torna nella stessa casa, in Gran
Bretagna, con la seconda moglie (la Steele per l’appunto), ma il fantasma della prima moglie pare
infestare la dimora, finendo per far perdere il senno un po’ a tutti, specie all’uomo. Il miglior film di
Freda ed uno dei migliori del genere in Italia. Omaggi evidenti a Sir. Alfred, non solo per titolo del
protagonista, ma anche per la celebre scena del bicchiere di latte avvelenato, evidentemente tratto
da “Il Sospetto” con Cary Grant e Joan Fontaine.
Abbiamo poi visto Operazione Paura , del 1966, per la regia di Mario Bava, un autore capace di
passare con estrema facilità da un genere all’altro (nello stesso anno diresse anche “Le Spie
Vengono Dal Semifreddo” con Franco Franchi e Ciccio Ingrassia), spesso anticipatore dei tempi,
finendo per essere citato un po’ da tutti da Dario Argento (soprattutto) a Ridley Scott. Opera di
vero e proprio “artigianato” cinematografico in cui Bava riesce a far fronte alla povertà di risorse
economiche con la creatività. Un medico, in un villaggio inglese (ritorna l’ambientazione britannica,
tanto amata dalle produzioni italiane del genere), fa l’autopsia del cadavere di una ragazza e scopre
che la stessa è morta misteriosamente, forse a causa del fantasma di una bambina bionda che
infesta quei luoghi.
Buono, anche se non il miglior film di Bava (al Festival, sempre nel contesto della stessa rassegna, è stato proiettato anche il capolavoro del regista La Maschera Del Demonio del 1960, con una splendida Barbara Steele) ma pieno di trovate geniali. L’immagine del fantasma della bambina vestita di bianco che gioca con una palla è stata ripresa da Federico Fellini per il suo episodio del film, ispirato ai racconti di Edgar Allan Poe, “Tre Passi Nel Delirio” del 1968, Toby Dammit , anch’esso proiettato al Festival. Un attore inglese, parecchio fuori di testa, è in trasferta a Londra, ma è tormentato proprio dalle apparizioni del fantasma della bambina che gioca con la palla. Piccolo capolavoro “dark” del maestro.
Il film di chiusura è stato Knives Out (presto in sala con il titolo Cena Con Delitto) per la regia di Rian
Johnson (che ha diretto un po’ di tutto, dal cinema indipendente, alle serie TV – tra cui parecchi
episodi di “Breaking Bad”, all’ottavo episodio della saga di Guerre Stellari). Con un cast “all star”, da
Daniel Craig, a Don Johnson, a Toni Colette a Jaime Lee Curtis, tra gli altri. La trama è
evidentemente ispirata ai gialli di Agatha Christie: in una villa della campagna degli Stati Uniti si
consuma, il giorno del suo ottantacinquesimo compleanno, l’omicidio (o suicidio?) di un ricco
scrittore di gialli. Un po’ tutti i parenti della vittima, presenti alla festa di compleanno, potrebbero
avere un movente. Mentre la polizia brancola nel buio, propensa alla tesi del suicidio più per
l’incapacità di scoprire la verità, che per effettiva convinzione, un investigatore privato, aiutato
dall’infermiera della vittima – curiosamente intollerante alle menzogne fino ad essere colpita da
conati di vomito -, scoprirà la verità. Un “classicone” che riporta in auge il giallo di investigazione, a
mò di “Assassinio Sull’Orient Express” (e più di recente “Godsford Park”). Bello e buona prova degli
interpreti, su tutti Daniel Craig che gigioneggia nei panni del detective.
Chiudiamo con i premi principali relativi ai film in concorso, assegnati sabato 30: miglior film
proprio a “AWhite, White Day” di cui vi abbiamo detto sopra; miglior attrice – ex equo – a
Viktoria Miroshnichenko e Vasilisa Pereligyna , per il film Dylda / Beanpole di Kantemir Balagov (Russia); miglior attore – ex equo – a Giuseppe Battiston e Stefano Fresi per il film Il Grande passo
di Antonio Padovan, di cui vi abbiamo già parlato nei reportage precedenti; premio per la Miglior
sceneggiatura a Wet Season di Anthony Chen (Singapore /Taiwan). Il premio del pubblico, invece, è
andato a Ms. White Light di Paul Shoulberg, di cui pure vi abbiamo già parlato e che a noi è
piaciuto tantissimo. Non perdetelo quando sarà in sala, speriamo con una distribuzione adeguata
alla qualità della pellicola.
Arrivederci all’edizione numero 38 del Festival che si terrà nel capoluogo piemontese dal 21 al 29
novembre 2020.
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