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Al Tff Finding Your Feet, un film in bilico fra commedia e dramma

tff1Sotto il segno dei tagli al budget è iniziata l’edizione numero trentacinque del Torino Film Festival. Primo effetto evidente è quello del numero delle sale, ovvero le due maxisale del Reposi e del Massimo (oltre al Cinema Classico per gli addetti ai lavori), senza più il Lux. Altro effetto è qualche pellicola di richiamo mediatico in meno. Il programma, però, resta di livello assoluto, dando la possibilità al pubblico di vedere molte opere prime (o seconde), nomi nuovi e pellicole altrimenti molto poco distribuite in sala e di assai ardua reperibilità. E la risposta del pubblico, a giudicare dalle immancabili code agli ingressi delle sale e alle biglietterie in questo primo weekend di proiezioni, sembra essere stata buona, pur in assenza ancora di dati ufficiali.

Il compito di aprire la rassegna è andato al film inglese Finding Your Feet (Ricomincio da me) di Richiard Loncraine, commedia agrodolce sulla possibilità di nuove vite, su affetti e sentimenti riscoperti. Una donna della buona borghesia britannica, oramai non più giovane, dopo aver scoperto il tradimento del marito con  un’amica di famiglia, si rifugia a Londra dalla sorella che non vede da anni, una donna dallo spirito libero che conduce un’esistenza del tutto diversa dalla sua. Il film resta felicemente in bilico tra la commedia e il dramma, lasciando allo spettatore un insegnamento che è quello che non è mai troppo tardi per vivere sul serio come si deve, anche a costo di scelte non facili.

Anteprima italiano anche per The Disaster Artist di James Franco, una storia vera, quella del film autoprodotto e autofinanziato “The Room” di Tommy Wiseau, uscito nel 2003, e diventato di culto nonostante il suo estremo pressapochismo. Secondo alcuni il “Quarto Potere dei film brutti”, girato come film serio e diventato, suo malgrado, un film comico. Resta ancora un mistero chi sia veramente il regista (ma anche sceneggiatore e produttore) e dove abbia trovato gli oltre 6 milioni di dollari necessari per girare il film. Godibilissimo.

Anterprima anche per Smetto Quando Voglio Ad Honorem di Sydney Sibilia, terzo episodio della saga in cui tutti i nodi vengono al pettine. La banda dei geniacci, capitanata da Edoardo Leo (ma con un sacco dei nomi migliori della commedia e della televisione italiana, tra cui il Giampaolo Morelli aka “L’ispettore Coliandro), datisi al crimine evade in modo rocambolesco da Rebibbia per sventare un attentato all’Università La Sapienza, gremita per un premio ad honorem. Gran ritmo e trovate a gogo, tanto da non sfigurare a raffronto di film dello stesso genere provenienti da oltreoceano.

Tra i film in concorso abbiamo visto The Beast di Michael Pearce, thriller psicologico ambientato sull’isola di Jersey (Regno Unito): una ragazza oppressa da una madre dispotica si innamora e va a vivere da un ragazzo sospettato di una serie di omicidi di adolescenti nell’isola, convinta della sua innocenza. Ma niente è come appare. Teso, intenso e ben recitato, forse una delle migliori pellicole tra quelle in concorso viste sino ad ora.

Molto buono anche The Death Of Stalin, film scozzese (e si quest’inizio di festival, nonostante la Brexit, è stato all’insegna del Regno Unito) del regista di chiare origine italiane Armando Iannucci, con un sacco di attori navigati come Steve Buscemi. Il film (tratto da una graphic novel) narra in modo ironico e grottesco i tragici eventi che seguirono alla morte di Stalin, tra complotti per il potere, revisionismo di comodo o di facciata e vendette reciproche. Si ride un sacco anche se, molto probabilmente, il film è più fedele alla verità di quanto si possa pensare.

Qualche perplessità in più per il film giapponese Bamy di Jun Tanaka. Piovono ombrelli rossi dal cielo (la chiave del film?) e un giovane, a differenza della sua ragazza, vede fantasmi ovunque. Conoscerà un’altra ragazza che ha lo stesso potere e fra i due, inevitabilmente, scoppia l’amore, fino ad un finale grandioso che riscatta una pellicola molto fredda e a volte un po’ monotona. Comunque, visionario e lontano dagli stereotipi del genere.

Tra le retrospettive va menzionata quella relativa ad uno dei maestri della New Hollywood, Brian De Palma. In questi primi giorni di proiezioni abbiamo visto una delle sue prime opere, Two Sisters, del 1972. Una giornalista vede dalla finestra un omicidio di cui sospetta essere l’autrice una vicina di casa, già gemella siamese. Il cadavere però non si trova e la polizia non le crede. E poi la sorella gemella è ancora viva oppure no? Tutto diventa via via più intricato fino al delirio finale. Marcatamente hickochiano (in particolare, La Finestra Sul Cortile e Psycho), più ancora di altre opere più note di De Palma (che di Sir Alfred è un vero e proprio discepolo), ma anche con un tocco di Cronemberg. Bello, peccato per la pellicola assai malandata (meriterebbe il restauro!), sicuramente da riscoprire.

Vit.Des.

 

 

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