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Vincenzo Amatulli, un cabarettista pinerolese ora non c’è più

 Vincenzo Amatulli

Vincenzo Amatulli

Vincenzo Amatulli l’altra sera è stato trovato senza vita nella sua casa.

Lui che per anni aveva fatto sorridere, aveva reso allegri i momenti degli altri se ne è andato da solo. Piegato dalla solitudine, da quelle giornate tristi che hanno segnato la sua vita da quando forse a causa di un matrimonio andato pezzi tutto era diventato più difficile.

Quando anni fa si era presentato a due programmi televisivi, “Italia ’s Got Talent e la Corrida”,aveva poco meno di di 40 anni era un operaio con una vocazione naturale per il cabaret. Bravo e disinvolto sul palco sapeva nascondere quello che aveva dentro.

Un uomo con due facce la prima per far ridere gli altri, la seconda quella per affrontare i problemi di tutti giorni.

Nella celebre aria Vesti la giubba dell’opera Pagliacci di Ruggero Leoncavallo, il protagonista Canio ci consegna uno dei ritratti più struggenti della solitudine umana: l’artista costretto a indossare la maschera del sorriso, anche quando il cuore è lacerato dal dolore.

Questo dramma non è solo il frutto della finzione scenica, ma rappresenta una realtà ancora attuale e dolorosamente umana, uno spaccato sociale che va oltre i confini del palcoscenico. Nel mondo dello spettacolo, l’apparente glamour nasconde spesso una profonda solitudine. Gli artisti, che vivono per donare emozioni agli altri, sono spesso prigionieri di ruoli che li isolano. Il pubblico vede il sorriso, l’energia, l’esuberanza, ma non la fatica, la vulnerabilità e le sofferenze che si celano dietro il sipario. La società, affascinata dall’apparenza scintillante, raramente si interroga sul prezzo pagato da chi deve “andare in scena” anche quando il cuore è appesantito. Questa dinamica non riguarda solo gli artisti, ma si estende a chiunque riesca a nascondere la propria sofferenza sotto una facciata di normalità. È la condizione di chi, per senso del dovere o per paura del giudizio, indossa ogni giorno la propria “giubba”, mostrando agli altri una maschera di serenità, anche quando dentro si sgretola. Tuttavia, c’è un limite: il peso della solitudine e dell’ipocrisia emotiva può diventare insopportabile, portando a un’esplosione di fragilità che spesso il mondo fatica a comprendere. La modernità, con i suoi ritmi frenetici e la pressione sociale di apparire sempre felici e performanti, amplifica questa condizione. Molti, come il Pagliaccio di Leoncavallo, arrivano a un punto di rottura, lasciando intravedere quella verità che la società preferirebbe non vedere: anche chi sembra forte e sorridente può essere disperatamente solo.

E ora sui social di lui hanno scritto una grande verità: « Nessuno potrà mai cancellare le risate insieme, le battute e il tuo modo di fare…»

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