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Omicidio Luserna, le video testimonianze

Omicidio Luserna, le video testimonianze
Omicidio nella notte a Luserna San Giovanni
Con un coltello da cucina lungo 30 centimetri un giovane marocchino ha ucciso una donna e ne ha ferite altre due. La tragedia è avvenuta in val Pellice a Luserna San Giovanni nel bar di un piccolo albergo che si affaccia su via Primo Maggio.
La vittima, Carmen De Giorgi, 44 anni, madre di una ragazza adolescente, con alle spalle una relazione ormai finita, lavorava nella fabbrica delle acque minerali Sparea e viveva in paese, dove abita anche il suo assassino, Hounafi Mehdi, 34 anni, arrivato dal Marocco sei anni fa e con i documenti tutti in regola, ma senza un’occupazione stabile. Da poco tempo era stato lasciato a casa dall’impresa dove lavorava come imbianchino.
Vittima e omicida erano conosciuti in paese, lei si era anche rivolta al sindaco, Dullio Canale, quando nei mesi scorsi aveva avuto bisogno di aiuti. La vittima era stata anche per un certo periodo a casa per un infortunio, si era ferita al volto con una bottiglia di acqua minerale e si era rivolta ad un legale perché riteneva che all’ospedale non le avessero tolto tutte le schegge.
Di lui si sa meno, viene descritto come un ragazzo tranquillo, silenzioso, senza alcun precedente.
E allora qual è stata la molla che ha fatto scattare questa furia omicida, questa caccia alle donne? Loriana Aiello, la nipote della ex gestrice del bar e Simona Davit hanno riportato ferite alle spalle e dopo essere state medicate all’ospedale Agnelli di Pinerolo ora sono state dimesse.
Per Maria Aiello, l’ex proprietaria del bar albergo Primavera che ora viene gestito da sua figlia Anna Chiara, si è trattato di un gesto di odio nei confronti delle donne occidentali: «Mi hanno riferito che quel giovane ha detto: sono marocchino e mi protegge Allah, poi ha estratto un coltello da cucina e ha dato sfogo alla sua rabbia, le ha colpite alle spalle mentre cercavano di scappare. Mia figlia ha provato a rifugiarsi nel bagno, poi ha aperto la porta solo quando ha sentito le grida di aiuto di Simona Davit».
Ma la tesi di un gesto dettato dal fondamentalismo islamico non convince assolutamente i carabinieri della compagnia di Pinerolo che pochi minuti dopo l’aggressione hanno arrestato il giovane e trovato l’arma insanguinata.
Spiega il comandante della compagnia, Alberto Azara: «Il movente dell’omicidio al momento non è stato accertato, sembra che tutto sia nato dalla reazione che ha avuto l’extracomunitario dopo che la vittima aveva respinto le sue avances». «Un delitto – aggiunge – che sembra premeditato, il coltello lo aveva nei pantaloni e non lo ha preso al bar. I due forse si conoscevano da tempo, ma non c’era una relazione. Abbiamo trovato l’arma poco lontano. Lui è stato portato nel carcere Lorusso Cutugno, in attesa di essere interrogato dal magistrato».
A raccontare quegli attimi di follia e di paura è una delle due ragazze accoltellate, Simona Davit, lo fa nel cortile di casa sua poco dopo essere tornata dall’ospedale: «Un gesto inspiegabile, lui era seduto ad un altro tavolino, prima ha iniziato a fare dei video con il cellulare e poi quando sono usciti alcuni clienti dal bar e siamo rimaste solo noi donne ha voluto offrire da bere a Carmen. Si sono parlati anche per un attimo e poi senza un perché apparente è scattata l’aggressione. Benché fossi ferita ho cercato di rianimare la mia amica, per anni ho fatto la soccorritrice alla Croce Verde. Le ho praticato il massaggio cardiaco, ma tutto è stato inutile».
E anche nella fabbrica delle acque minerali dove lei lavorava tutti sono increduli per questa tragedia. Dice Enrico Delmirani, direttore dello stabilimento: «Qui si trovava molto bene, sapeva di avere degli amici. E adesso le organizzazioni sindacali si stanno muovendo per trovare il modo di aiutare questa ragazza che è rimasta senza mamma».
E ieri tutti quelli che sono passati davanti a quel bar si sono fermati un attimo, condivisa da tutti la stessa considerazione: «non si può morire per il gesto di un folle».
I carabinieri hanno messo i sigilli alla porta d’ingresso, in silenzio arriva Monica, una signora che ha la stessa età della vittima: «Mio figlio e sua figlia si conoscono, sono amici, ho un dolore che mi attanaglia il cuore». Poi rivolta ad un carabiniere chiede: «Scusi, posso lasciare qui una rosa rossa?»

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